Aquaman – La recensione del cinecomic DC con Jason Momoa

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Di Massimo Vozza

Un anno cinematografico si chiude e un altro immediatamente ricomincia. Tra i vari titoli di questo capodanno vi è il nuovo cinecomic targato DC, la quale continua la sua rincorsa alla Marvel. Se con il precedente e pasticciato Justice League si era intravisto un repentino cambio di toni rispetto ai primi capitoli, con Aquaman la direzione presa appare più chiara, studiata; chi scrive sperava però in una soluzione più simile a Wonder Woman, capace di bilanciare l’aspetto più leggero e votato all’intrattenimento a quello più cupo tipico del filone, mentre qui il primo aspetto è evidentemente primario.
È pur vero che trattandosi di un film stand-alone, per approfondire un personaggio già presentato nell’universo DC ma mettendo da parte quasi del tutto i collegamenti con il resto di esso, non è detto che la piega presa sia definitiva.
Quel che è certo è che Jason Momoa risulta apprezzabile nel ruolo di Arthur, totalmente in grado di veicolare un rinnovamento assai auspicato per uno dei supereroi fumettistici più sottostimato grazie a una comicità efficace, una fisicità possente e un’aria sporca totalmente inedita che non si perde eccessivamente quando finalmente il personaggio indossa il suo luccicante costume.
La storia procede per lo più linearmente e in maniera standardizzata partendo dalle origini del supereroe che in questo caso includono una storia d’amore: tra suo padre umano Tom Curry e sua madre Atlanta interpretata da una divina Nicole Kidman; eccetto qualche flashback sul suo allenamento con il mentore Vulko (Willem Dafoe), si continua spediti verso la missione del protagonista che lo obbliga a mettere in gioco, sfortunatamente non in maniera abbastanza profonda, il suo appartenere a due mondi diversi: Arthur deve recuperare il Perduto Tridente di Atlan per sfidare il fratellastro seduto sul trono di Atlantide e impedire così una guerra contro la terra ferma. Il viaggio di Aquaman in compagnia della bellissima Mera (Amber Heard) ha un ritmo calzante, intervallato da sequenze d’azione (al solito per la DC) eccessive ma piacevoli, come eccessivo torna l’uso della CGI soprattutto nelle scene subacquee. A funzionare molto meno sono sicuramente i nemici: se da una parte il re Orm di Patrick Wilson si dimostra ahimè privo di fascino, dall’altra Black Manta viene sviluppato in maniera troppo frettolosa.

Kitsch anche se non eccessivamente nella forma, non abbastanza sviluppato nei contenuti, Aquaman resta comunque un più che discreto film di intrattenimento che punta soprattutto sul suo protagonista e l’azione segnata dall’uso degli effetti speciali (in particolare modo nella godibile sequenza dell’inseguimento da parte dei Trench). Resta che, per un vero e proprio rilancio che con questo e Wonder Woman si trova ancora solo agli inizi, la DC come Atlantide ha bisogno ancora di qualcosa di più… un villain dalla risata diabolica per esempio.
VOTO: 6,5/10



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