Bohemian Rhapsody – La recensione del film dedicato ai Queen con Rami Malek

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Di Simone Fabriziani

I Queen con la loro musica e il loro straordinario frontman Freddie Mercury hanno mandato in frantumi ogni stereotipo e convenzione, divenendo uno dei gruppi più amati della storia della musica mondiale. L’ascesa della band attraverso le loro iconiche canzoni e i loro suoni rivoluzionari e lo stile di vita di Mercury sfuggono a ogni controllo prima di portare alla trionfante reunion alla vigilia del Live Aid nel 1985, dove il cantante è chiamato ad affrontare la malattia che lo porterà alla morte e a guidare i compagni in una delle più grandi performance mai viste prima su un palco.
Arriva il 29 novembre nelle sale italiane con 20th Century Fox il film biografico Bohemian Rhapsody.

Progetto ambizioso e travagliato, il racconto per il grande schermo dedicato alla nascita e all’ascesa dei Queen e del suo immortale frontman è stato per anni affidato nelle mani del regista premio Oscar Tom Hooper e nel volto di Sacha Baron Cohen, perfetto Freddie Mercury fino alle battaglie di divergenza artistica con la Fox e le ingerenze dei membri della band britannica nei confronti di una visione più rispettosa ed edulcorata delle vicende private dello sfortunato Mercury. Dopo qualche anno di silenzio stampa, il regista americano Bryan Singer prende le redini del progetto decaduto e sceglie la star televisiva Rami Malek per dare volto e, movenze e voce potente al più grande leader musicale della storia inglese.

Da una storia originale di Peter Morgan e una sceneggiatura di Anthony McCarten, Bohemian Rhapsody è un film che, alla luce anche delle beghe produttive in corso di riprese con il licenziamento di Singer e la rifinitura delle ultime sequenze affidato a Dexter Fletcher, soffre di fin troppa ripulitura narrativa. Se Malek affida corpo e voce a rendere giustizia sul grande schermo a Freddie Mercury con dedizione, è lo stesso attore statunitense a salvare in corner un biopic maledetto dalle troppe ingerenze produttive. Il film di Singer e Fletcher, a prodotto finito, risulta una confezione esageratamente laccata e politically correct della storia dietro la nascita della riverita band inglese, un racconto per immagini privo di dinamicità e intuito artistico, che solamente vale il prezzo del biglietto per la musica della rock band a tutto volume e per l’ottimo ritratto di Mercury affidato ad un diligente Rami Malek.

Nel cast, anche gli interpreti britannici Gwilym Lee, Ben Hardy, Lucy Boynton, Tom Hollander e Mike Myers.

VOTO: 6/10



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