Director’s List: I 10 film preferiti di Darren Aronofsky

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Di Gabriele La Spina

Regista dalla rara sensibilità, nominato all’Oscar per la miglior regia grazie al film Il cigno nero, nel 2011, Darren Aronofsky possiede una delle visioni più eleganti e inusuali del cinema contemporaneo. Grande assente dalla scena da fin troppo tempo, a seguito della cocente delusione per il dramma biblico Noah, farà finalmente quest’anno il suo ritorno nelle sale con Mother!, un film che promette un ritorno ai fasti di un tempo, accompagnato da un cast all-star.

In attesa di vedere il suo nuovo film, è interessante esplorare la cultura cinematografica del regista newyorkese, scoprendo le influenze che lo hanno portato alla realizzazione di grandi capolavori come Requiem for a Dream e The Wrestler. Incredibilmente vi è una presenza massiccia di classici del western, nel bagaglio culturale di Aronofsky (e chissà se un giorno deciderà di realizzarne uno), di grandi film noir, di cult del cinema americano e sorprendentemente di musical.

Angel Heart (1987)
dir. Alan Parker
Il regista ha dichiarato alla rivista Tim Out London, che proprio attraverso il film di Parker ha scoperto Michey Rourke, che sarebbe stato poi per lui il protagonista di The Wrestler. Cult degli anni ’80, Angel Heart, in Italia con il sottotitolo “Ascensore per l’inferno”, racconta del misterioso Louis Cyphre, che incarica il detective Harry Angel di ritrovare Johnny Favorite, un musicista scomparso legato a lui da un contratto. Il poliziotto privato scopre che Johnny è stato dimesso da una clinica psichiatrica con la complicità di un medico eroinomane. Durante le indagini quattro persone muoiono e i cadaveri presentano orribili mutilazioni. La porta della verità, per Angel, si apre sull’abisso.
Brazil (1985)
dir. Terry Gilliam
Da molti considerato il miglior film di Gilliam, Brazil è di fatto una rilettura del romanzo di culto “1984”, di George Orwell. Il film racconta la storia di Sam Lawry, un addetto agli sterminati archivi di una megalopoli, capitale di un non identificato paese, in cui la fanno da padrone il potere e la burocrazia. Nulla sfugge al sistema computerrizzato del Dipartimento Informazioni. Nella città da qualche tempo hanno preso ad agire gruppi di terroristi, che seminano il terrore pur di smuovere qualcosa. Sam, dal canto suo, oppone al grigiore della routine la sua possibilità di evadere nel sogno.  Aronofsky si è dichiarato un grande fan del regista. 
I banditi del tempo (1981)
dir. Terry Gilliam
Meno popolare di Brazil, questo rientra nella stessa saga immaginaria del regista sulla follia della società moderna. Kevin è un ragazzo undicenne che si diletta di letture fantastiche per vincere la noia delle interminabili sere passate accanto ai genitori, appassionati di televisione ed elettrodomestici. Una notte vede uscire dall’armadio sei nani che posseggono la pianta del tempo con alcuni buchi, attraverso i quali è possibile passare da un’epoca all’altra della storia. L’Essere Supremo ha fatto il mondo in sei giorni e ha trascurato alcune rifiniture, come appunto i famosi buchi, che permettono ai sei nani di rubare in un’epoca ed eclissarsi in un’altra. Durante una fuga sono piombati in camera di Kevin e l’hanno portato con loro, compagno di avventure e di ruberie lungo i secoli. 
All American Boys (1979)
dir. Peter Yates
Acclamato dramma sportivo di Yates, che rientra tra i film che hanno maggiormente influenzato Aronfosky per la realizzazione di The Wrestler. Il film racconta di Dave, universitario di provincia, un giovane molto originale per essere un americano: il suo idolo sportivo è infatti il campione italiano di ciclismo Felice Gimondi; nel tempo libero Dave ascolta musica lirica e suda sui pedali per emulare il grande modello. Egli sogna infatti di competere con ciclisti italiani e ci riesce: la realtà lo delude, ma non lo normalizza.

C’era una volta il West (1968)
dir. Sergio Leone
Come già anticipato, il western sembra essere uno dei generi preferiti di Aronofsky, impossibile quindi non ritrovare il nostrano Sergio Leone nella sua classifica. Il film è incentrato sulla figura di Morton, il padrone della ferrovia. Un uomo che sa benissimo che dove c’è l’acqua, in mezzo al deserto del West, ci sarà una grande stazione, poi una grande città. L’acqua c’è nella terra dei McBain, così Morton manda il killer Frank a convincere il legittimo proprietario a vendere. Il risultato è una strage. Solo la signora McBain si salva, e incrocia un pistolero, Armonica, che ha più di un conto in sospeso con Frank.
Il buono, il brutto, il cattivo (1966)
dir. Sergio Leone
Altro grande classico di Leone, di cui Aronofsky dichiara:”Con questo film, Leone fa opera. C’è quella grande scena verso la fine, quando il brutto è alla ricerca di una lapide, e la filatura della telecamera, lo insegue. Non si tratta più solo di cinema, è diventato un’opera.” Mentre divampa la guerra di Secessione, il Biondo, Tuco e Sentenza, tre individui poco raccomandabili, si mettono controvoglia in società per trovare un tesoro in monete d’oro, nascosto in una tomba. Due di loro conoscono parte del segreto per trovare il luogo che si trova oltre le linee nemiche, il terzo è senza scrupoli e può risultare utile nell’impresa. L’accordo è difficile da mantenere: la caccia viene fatta dai tre separatamente, ma sorvegliandosi a vicenda, fino allo scontro decisivo nel cimitero.
La sfida del samurai (1961)
dir. Akira Kurosawa
Ho amato l’idea di utilizzare la musica per entrare in un nuovo capitolo, tornando al ritornello principale, ovvero il momento con Toshiro Mifune, dove all’improvviso è il bad-ass in città, e la pedina più importante della scacchiera. Tutto dipende da come quel pezzo degli scacchi verrà spostato“, dichiara Aronofsky sul film. Quello di Kurosawa racconta del samurai senza padrone Sanjuro, che arriva in un paese sconvolto dalle lotte tra due possidenti locali: decide di sfruttare la situazione a proprio vantaggio e – attraverso un astuto gioco di equilibrismo, appoggiando ora l’uno ora l’altro signore – riesce a riportare la pace in quelle terre insanguinate.
La febbre del sabato sera (1977)
dir. John Badham
Ho avuto la fortuna di crescere a Brooklyn quando sono nati due dei più importanti generi musicali che hanno cambiato il mondo. E’ così facile dimenticare quanto sia buono un film come ‘La febbre del sabato sera’. In realtà, è stato il mio primo film R-rated. Credo aver avuto 7 o 8 anni quando è uscito. Io e mia sorella morivano dalla voglia di vederlo, e mio padre non era d’accordo, ed è stata mia madre a convincerlo“. Il film racconta di Tony Manero ha diciannove anni, occhi scuri e fascino latino. Lavora come commesso in un negozio di vernici, ma appena può corre a ballare in discoteca. Del resto in casa la situazione non è idilliaca: il babbo è disoccupato, la mamma è una maniaca bigotta e il fratello prete sta per abbandonare la tonaca. 
Full Metal Jacket (1987)
dir. Stanley Kubrick
Kubrick è ovviamente uno dei registi che ha più influenzato lo stile di Aronofsky, sul film il regista ha spiegato: “La prima metà di ‘Full Metal Jacket’ è incentrata sulla trasformazione di questi esseri umani in macchine, ma c’è questo pezzo di caos, che è un soldato in sovrappeso, che viene lentamente preso di mira fino a che alla fine esplode. Poi, è sul portare queste macchine nel caos. Improvvisamente, l’intero stile di ripresa cambia, e diventa un film completamente diverso. Credo che il film si basi sul passaggio tra ordine e caos, quando i protagonisti si trovano in un inferno, letteralmente. E’ il passaggio nella distruzione, dove loro sono perfettamente ordinati in una griglia, cantando l’inno americano, che cerca di imprimere questa griglia attraverso il caos“.
West Side Story (1961)
dir. Jerome Robbins, Robert Wise
Si tratta del musical preferito di Aronofsky, che sul film ha dichiarato:”In ‘West Side Story’ ogni cosa è esattamente nel posto giusto in ogni singolo scatto, la macchina da presa per quanto attraverso la cattura della coreografia, racconta la storia, compresi i personaggi giusti al momento giusto. Fin dalla sua apertura, il regista sta già pensando a dove l’intero numero sta per andare.” Nel West Side di New York si fronteggiano i Jets, bianchi, e gli Sharks, portoricani. Una situazione di normale rivalità metropolitana. La situazione precipita quando Maria, portoricana e Tony, già leader dei Jets, si innamorano. In un susseguirsi implacabile di gesti estremi saranno in tre a morire, tra cui Bernardo, fratello di maria, e lo stesso Tony. 
Quale delle scelte di Darren Aronofsky vi ha sorpreso di più? Dite la vostra nei commenti.


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