Fargo 3×08 “Who Rules The Land of Denial?” – La recensione

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Di Simone Fabriziani

“Who Rules the Land of Denial” è un capolavoro; o perlomeno è il miglior episodio della terza stagione antologica di Fargo, se non forse la più bella dell’intera creazione televisiva dello showrunner Noah Hawley.

Episodio dalla duplice identità, “Who Rules the Land of Denial?”è l’esempio perfetto di tutto quello che è stato ed è l’universo di Fargo: un purgatorio dove le anime in pena vagano e si lamentano per i propri peccati, in attesa di una assoluzione o di una purificazione.
L’immagine ideale del purgatorio potrebbe essere quella di una sala da bowling deserta, abitata metafisicamente soltanto da un barista e da un ospite ubiquo, saggio consigliere e giudice in terra ed in cielo delle anime in attesa di assoluzione; in tal senso è già da antologica la sequenza all’interno di un bowling deserto tra Mary Elizabeth Winstead e Ray Wise, straordinario omaggio al cult dei fratelli Coen Il grande Lebowski.
Tra atmosfere metafisiche vicine alla sensibilità di David Lynch e rimandi ai generi cinematografici più disparati (su tutti, il survival movie ed il western di maniera degli anni ’70 riportato in auge al pubblico generalista con Revenant – Redivivo), “Who Rules the Land of Denial?” è anche il terzultimo tassello narrativo di un cerchio di sangue ed omicidi che si stringe inesorabilmente sempre di più sulle anime in attesa di giudizio di Emmit Stussy (un non più doppio Ewan McGregor) e del fido “fixer” Sy Feltz (Michael Stuhlbarg), marionette (ancora per quanto?) dell’organizzazione criminosa capitanata dall’ombroso Varga (David Thewlis).
In attesa degli ultimi due capitoli televisivi, la creatura di Hawley si conferma grande contenitrice di linguaggi visivi e narrativi, onnivora essenza incorporea che fagocita e smussa con le proprie mani la grandezza ( e la pungente ironia) dell’universo Coen.

VOTO: 8,5/10