Le 10 migliori performance di ‘Game of Thrones’

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Di Giuseppe Fadda

Il Trono di Spade ha fatto la storia della televisione. Si può dire (a ragione) che nelle ultime stagioni la sua qualità sia calata; si può osservare che David Benioff e D.B. Weiss siano stati più bravi ad adattare i libri di George R.R. Martin che a proseguire la storia lasciata da lui in sospeso; si può polemizzare sulle piccole incoerenze narrative e sull’incostanza del ritmo con cui si succedono gli eventi.
Sono tutti obiezioni valide e legittime, ma non cambiano questo fatto: che Il Trono di Spade ha fatto la storia della televisione. Sin dal suo esordio (avvenuto nel 2011), la serie ha attirato un numero record di telespettatori su HBO, guadagnato il plauso della critica e numerosi premi (sinora ha vinto ben 47 Emmy Awards) e generato un fandom internazionale ed eterogeneo. La sua fortuna è stata (e sta) proprio nella sua capacità di conciliare gli interessi divergenti degli spettatori: alcuni sono fan della serie di romanzi di Martin, o più in generale del fantasy; altri si sono accostati alla serie perché appassionati di fiction ad ambientazione (pseudo) medievale, altri ancora perché interessati a storie di guerra; alcuni perché affascinati dai complessi intrighi politici e pericolosi giochi di potere; altri perché attratti da uno show con un repertorio così vasto e differenziato di personaggi. 
Questo ultimo punto merita un approfondimento ulteriore: si stima che il cast di Il Trono di Spade, che già nella terza stagione contava 257 membri, sia il più numeroso della storia della televisione. Innumerevoli personaggi hanno fatto la loro comparsa in scena nel corso delle otto stagioni, personaggi tra loro che non potrebbero essere più diversi: in questi dieci anni, Il Trono di Spade ci ha restituito un vero e proprio ritratto dell’umanità in tutte le sue forme e in tutte le sue più piccole sfaccettature, in tutti i suoi vizi ma anche nelle sue a volte inaspettate virtù. Molti degli attori hanno lasciato il segno, anche in ruoli che magari non sono durati più di una stagione (come dimenticare Jason Momoa e Pedro Pascal?). Ma, in un cast già di per sé eccezionale, alcuni interpreti si sono distinti in modo particolare, regalando prove attoriali di altissimo livello e che non sempre sono state riconosciute come avrebbero dovuto. Per celebrare la fine di questo fenomeno mondiale, vorrei ricordare proprio il contributo di questi straordinari interpreti.

10. Carice van Houten nel ruolo di Melisandre
Episodio chiave: 6×10, “I venti dell’inverno”
Sin dalla sua comparsa nella seconda stagione dello show, Melisandre è sempre stata uno dei suoi personaggi più controversi ed enigmatici. Sacerdotessa, profetessa, seduttrice e assassina: che cosa motiva davvero le sue azioni? E’ una bugiarda oppure una fanatica oppure, in una certa misura, è dalla parte del giusto? Come può macchiarsi di delitti tanto efferati come il sacrificio di una bambina? Carice van Houten, attrice olandese già distintasi in Black Book di Paul Verhoeven, non cerca di rendere il personaggio più trasparente e decifrabile: la sua straordinaria, inquietante performance coglie tutte le contraddizioni di Melisandre, restituendoci un ritratto tanto affascinante quanto inaccessibile. La sesta stagione rappresenta un punto di svolta per il personaggio, messo in crisi dalla morte di Stannis e dal crollo delle sue certezze: per la prima volta, Melisandre si trova a dover affrontare le conseguenze delle sue azioni e a riflettere sulle loro implicazioni morali. Nella puntata finale della stagione, “I venti dell’inverno”, l’attrice ci mostra una Melisandre inedita, vulnerabile e combattuta, che tenta di difendere le proprie azioni pur non avendo nessuna giustificazione: quel piccolo lampo di rimorso che le attraversa gli occhi quando Sir Davos (l’altrettanto straordinario Liam Cunningham) le rinfaccia l’assassinio della piccola Shireen dice più di un qualsiasi dialogo. 
9. Rory McCann nel ruolo di Sandor Clegane a.k.a. “Il Mastino”
Episodio chiave: 6×08, “Alleanze”
La sua statura imponente, il suo volto sfigurato, le sue abilità come combattente e le sue risposte secche sono sufficienti a rendere il Mastino un personaggio iconico: ma è grazie al magnifico attore scozzese Rory McCann che è anche uno dei più coinvolgenti dell’intera serie. In un ruolo che è forse ancora più difficile di quello che può sembrare a primo impatto, McCann riesce a fondere magnificamente dramma e black humor, rubando la scena ogni volta che compare. Ma soprattutto compie un lavoro incredibilmente sofisticato di introspezione psicologica, riuscendo a conciliare la brutalità e sete di sangue del Mastino con un’inaspettata tenerezza nelle sue interazioni con Arya e Sansa. Particolarmente efficace per la comprensione del personaggio è l’ottava puntata della sesta stagione, in cui vediamo il Mastino intraprendere un percorso di espiazione grazie all’aiuto di un caritatevole septon; ma l’assassinio di quest’ultimo spinge nuovamente il Mastino alla violenza, ed in fondo è proprio qui la tragicità del personaggio, un uomo così consumato dal desiderio di vendetta da non poter viver in nessun altro modo. 

8. Charles Dance nel ruolo di Tywin Lannister
Episodio chiave: 4×10, “I figli della foresta”
Spesso Cersei è considerato il personaggio più spregiudicato e crudele de Il Trono di Spade, ma forse questo discutibile onore dovrebbe andare a suo padre Tywin, interpretato nella serie dal grande attore inglese Charles Dance. Forse un interprete inferiore lo avrebbe ridotto a un mero villain, ma Dance riesce a costruire un personaggio tanto detestabile quanto interessante: non più glaciale con le altre persone che con i suoi stessi figli, Tywin è un uomo dalla mente astuta e razionale, attento a mantenere saldi gli equilibri tra i potenti di Westeros ma incapace di provare alcuna pietà o compassione. Dance riesce a catturare tutti questi diversi attributi, apportando al ruolo la gravitas che richiede e rendendolo temibile proprio perché spaventosamente realistico. Particolarmente potenti sono i suoi momenti con Lena Headey e Peter Dinklage, con cui infatti condivide le scene madri del suo episodio finale (nonché migliore): “I figli della foresta”, in cui Tywin viene finalmente a conoscenza del rapporto incestuoso tra Jaime e Cersei per poi essere ucciso da un ferito e vendicativo Tyrion. In un singolo episodio, le certezze di Tywin crollano e viene ucciso dallo stesso figlio che ha sempre voluto morto: è una grande disfatta in tutti i sensi, ed è grazie all’interpretazione di Dance che lo spettatore può coglierne l’impatto devastante.


7. Alfie Allen nel ruolo di Theon Greyjoy
Episodio chiave: 5×07, “Il dono”
Ogni spettatore de Il Trono di Spade ha provato sentimenti contrastanti per Theon Greyjoy, da odio a compassione ad affezione e persino rispetto. Se tutto ciò è stato possibile è grazie all’eccezionale interpretazione di Alfie Allen, che è riuscito a catturare la difficile e lunga evoluzione del personaggio senza fare un singolo passo falso. Nell’arco delle prime quattro stagioni, l’attore ci restituisce un ritratto devastante della parabola discendente di Theon, che, dopo esser stato un alleato fedele, prima tenta di conquistare Grande Inverno tradendo gli Stark e poi diventa vittima delle agghiaccianti torture di Ramsay Bolton, che lo lasciano distrutto fisicamente e psicologicamente. Ma già dall’inizio, Allen ci permette di vedere l’uomo onorevole che Theon, un giorno, potrebbe diventare e il suo lento e difficile percorso di redenzione è profondamente commovente. La sua storyline nella quinta stagione è particolarmente memorabile perché è quella in cui si avverte maggiormente il conflitto tra la persona che è nel profondo e il relitto umano che è (e soprattutto pensa di essere) diventato: nelle sue scene con Sophie Turner si avverte tutto il disprezzo che Theon prova nei confronti di sé stesso ma nei suoi occhi si può già intravedere quel barlume di coraggio che, molto tempo più tardi, caratterizzerà anche il suo ultimo gesto. 

6. Diana Rigg nel ruolo di Olenna Tyrell
Episodio chiave: 7×03, “La giustizia della regina”
L’interpretazione di Diana Rigg nel ruolo della formidabile Regina di Spine è la definizione di “scene-stealer”: ogni volta che compare sullo schermo, è pressoché impossibile toglierle gli occhi di dosso. E cosa c’è di sorprendente? La Rigg è una vera e propria forza della natura e ciò che è ancora più straordinario è che sembra star recitando senza il minimo sforzo: ma in verità, il suo è un lavoro estremamente sofisticato, un eccezionale connubio di commedia e dramma che rende Olenna uno dei personaggi più brillanti di tutta la serie. Quello della pungente matriarca della famiglia è uno stereotipo riproposto in numerose serie, ma la Rigg, oltre ad essere un assoluta professionista nell’arte del lanciare frecciatine deliziosamente perfide, ci mostra anche come Olenna sia una delle menti più argute all’interno di questo intricato gioco del trono. Manipolatrice quanto basta ad assicurarsi la protezione dei suoi cari e della sua casata, Olenna è uno dei pochi personaggi a trionfare anche nella sua disfatta, rivelando il suo ruolo nell’omicidio del re Joffrey poco prima di morire. La sua scena finale, che chiude la terza puntata della settima stagione, è un vero e proprio capolavoro di recitazione: il veleno nel suo sguardo quando pronuncia l’ormai iconica frase “Dillo a Cersei. Voglio che sappia che sono stata io” è semplicemente da brividi.  

5. Maisie Williams nel ruolo di Arya Stark
Episodio chiave: 6×08, “Nessuno”
Si può pensare ad Arya Stark, uno dei personaggi più amati di tutta la serie, senza pensare a Maisie Williams? No, perché l’interpretazione della giovane attrice inglese è così perfetta da non permettere di immaginare nessun’altra nel suo ruolo. Incredibilmente espressiva fin da piccola, la Williams è sempre stata in grado di tenere testa a tutto il resto del cast, cogliendo proprio quell’inarrestabile dinamicità e desiderio di libertà che caratterizza il personaggio di Arya e che lo rende così irresistibile. Fin dalle prime puntate era chiaro che Arya non avrebbe mai voluto essere una lady: e qual è allora il suo posto nel mondo? Da un certo punto di vista, si potrebbe dire che la storyline della piccola guerriera costituisca una sorta di romanzo di formazione, incentrato sulla sua ricerca di un senso o di un luogo in cui possa riconoscersi che culmina nella realizzazione di non appartenere a niente e a nessuno. In questo senso è essenziale all’interno della sua evoluzione (di cui la Williams riesce anche a cogliere anche il retrogusto amaro) è l’ottava puntata della sesta stagione, in cui Arya abbandona una volta per tutte il Tempio dei Mille Volti e rivendica con fierezza la sua identità e la sua indipendenza.

      
4. Peter Dinklage nel ruolo di Tyrion Lannister
Episodio chiave: 4×06, “Le leggi degli dei e degli uomini”
Il Trono di Spade non sarebbe lo stesso senza Tyrion Lannister e il suo magnifico, giustamente premiato interprete Peter Dinklage. Personaggio estremamente duttile, tanto efficace come “comic relief” che come coscienza della serie, Tyrion è un ruolo che richiede grande versatilità: e Dinklage soddisfa ogni esigenza di sceneggiatura, riuscendo ad essere esilarante in un secondo e devastante in quello successivo. La sua eloquentissima parlata, il suo peculiare, furbesco carisma e la sua eccezionale mimica facciale lo rendono un personaggio eccentrico e divertente; le sue battute sono tra le migliori dell’intero show; ma quello che davvero colpisce è la bravura di Dinklage nel comunicare tutta la complessità dei pensieri di Tyrion, che osserva e tenta di comprendere le persone e le situazioni che lo circondano. Sono tantissime le scene in cui l’attore ha potuto dimostrare il suo strabiliante talento drammatico ma nessuna raggiunge il livello del suo monologo nella sesta puntata della quarta stagione, in cui Tyrion si scaglia contro il popolo di Approdo del Re per la loro ingratitudine e lamenta la sua perenne condizione di reietto. Definirla una delle scene meglio recitate della storia della televisione non sarebbe un’esagerazione.

3. Nikolaj Coster-Waldau nel ruolo di Jaime Lannister
Episodio chiave: 3×05, “Baciata dal fuoco”
Jaime Lannister è forse il personaggio più sfaccettato dell’intera serie: è un uomo tanto disposto a sacrificare la sua reputazione per salvare il popolo di Approdo del Re quanto a gettare un bambino da una torre pur di far rimanere segreta la sua relazione incestuosa; un uomo capace di strangolare il suo stesso cugino ma non di infrangere una promessa fatta; un uomo consapevole della natura tossica e corrosiva del suo amore per Cersei ma che al tempo stesso ritorna irrimediabilmente da lei. Se tutti questi aspetti vengono conciliati in un personaggio organico e coerente è soprattutto per merito di Nikolaj Coster-Waldau, che esprime con grande efficacia e sottigliezza il tormento che consuma Jaime e la sua perenne oscillazione tra il suo animo onorevole e il suo amore malato. L’attore regala una performance misurata e sottile, raramente esplosiva, che riesce a lasciare un’impressione indelebile e al tempo stesso valorizzare il lavoro delle sue co-star, in particolare Dinklage, Lena Headey e la spettacolare Gwendoline Christie. E’ con quest’ultima che condivide la sua scena migliore (nella puntata “Baciata dal fuoco”), in cui Jaime confessa a Brienne le reali motivazioni dietro al gesto che gli ha procurato il nome di “Sterminatore di Re”. E’ un momento che costringe lo spettatore a rivalutare il personaggio di Jaime, a vederlo sotto una nuova luce, e Coster-Waldau è devastante nell’esprimere il profondo risentimento del personaggio, giudicato come un traditore quando dovrebbe essere acclamato come un eroe.

In una recente intervista con The Hollywood Reporter, l’attore ha confermato di non esser sempre stato d’accordo con le decisioni prese dagli sceneggiatori nei confronti del suo personaggio: il fatto che, nonostante questo, abbia interpretato Jaime con convinzione e dedizione fino alla fine non è solo un testamento alla sua integrità artistica ma anche la ragione per cui il suo personaggio riesce a elevarsi al di sopra della qualità del copione.

2. Lena Headey nel ruolo di Cersei Lannister
Episodio chiave: 5×10, “Madre misericordiosa”
Cersei Lannister è quel personaggio che si ama odiare e si odia amare: la si odia perché è crudele, corrotta, egoista e senza scrupoli; la si ama perché quella di Lena Headey è un’interpretazione tanto monumentale da rendere ogni sua scena un piccolo gioiello di recitazione. L’attrice non si fa scrupoli a navigare nella psiche deviata del suo personaggio, senza mai tentare di alleviare le sue colpe, di giustificare le sue azioni o di renderla più accessibile al pubblico; eppure Cersei è troppo complessa per poter essere categoricamente etichettata come il villain della serie – è un personaggio profondamente umano e per questa ragione ancora più inquietante. La potenza della performance della Headey deriva proprio dal fatto che l’attrice ci mostra una persona spregevole e priva di rimorso e al tempo stesso ci costringe a provare, se non compassione, almeno comprensione nei suoi confronti. Sono numerose le scene che hanno dato alla Headey la possibilità di dimostrare il suo indiscutibile talento: la straziante conversazione tra Cersei e Robert sul loro matrimonio nella prima stagione; il delirio della donna durante la battaglia delle Acque Nere; la sadica tortura della sua aguzzina Septa Unella; ma il suo momento più alto è forse il Cammino della Vergogna, quando Cersei viene costretta a percorrere, nuda e senza capelli, la distanza tra la sua cella e la Fortezza Rossa. La Headey non dice una singola parola, ma è sensazionale: sul suo volto si leggono sia la sua umiliazione che la sua volontà orgogliosa di non mostrarsi debole di fronte ai cittadini, fino a che, una volta lontana dagli occhi di tutti, non si lascia andare a un pianto sconsolato.


1. Sophie Turner nel ruolo di Sansa Stark
Episodio chiave: 7×07, “Il drago e il lupo”
Forse l’interpretazione della giovane Sophie Turner non raggiunge la perfezione tecnica di quelle di alcuni degli attori sopracitati; eppure, a conti fatti, è Sansa a risultare uno dei personaggi più belli della saga e questo è anche per la delicatezza e l’attenzione con cui l’attrice è riuscita a rappresentare la sua evoluzione da ragazzina immatura e frivola a coscienziosa, giusta Regina del Nord. In un certo senso, si può dire che Sansa e la Turner siano cresciute insieme – e con la maturazione del personaggio si riscontra anche una progressiva evoluzione della recitazione dell’attrice. Sansa non è mai stato una combattente nel senso letterale del termine, ma nel corso delle otto stagioni ha subito i peggiori tipi di abuso, violenza e umiliazione e nonostante tutto è rimasta in piedi, in situazioni dove neanche i personaggi più forti sarebbero sopravvissuti: nella performance della Turner c’è un fondo di quieta ma decisa resilienza che fa da filo conduttore a tutta l’evoluzione del personaggio. Col passare delle stagioni, la Turner ci mostra come Sansa perde progressivamente la sua ingenuità ma non la sua empatia, acquisendo la scaltrezza dei suoi aguzzini e carcerieri ma non la loro crudeltà. Ogni singola scena della Turner è il tassello di questo difficile e sfaccettato percorso: la Sansa della prima stagione voleva essere una lady e sposare il re, la Sansa dell’ultima stagione si siede finalmente sul trono che ha guadagnato con le sue capacità come regnante e diplomatica. E’ difficile scegliere un momento specifico della performance della Turner, perché, appunto, è un percorso continuo in cui ogni scena è essenziale: ma forse il momento più bello avviene nel finale della settima stagione, quando Sansa finalmente prende coscienza delle manipolazioni di Ditocorto e firma la condanna a morte dell’uomo che è stato responsabile (direttamente e non) delle sue sventure. Sansa non sarà un cavaliere, ma il suo lento, faticoso e infine trionfante processo di autodeterminazione, che la Turner ci restituisce meravigliosamente, la rende il personaggio più eroico di tutti.