Annabelle 3 – La recensione dell’horror appartenente all’universo The Conjuring con protagonista Mckenna Grace

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Di Daniele Ambrosini

Gary Dauberman, una delle voci più autorevoli dell’horror hollywoodiano contemporaneo, sceneggiatore non solo di buona parte delle pellicole appartenenti all’universo The Conjuring, ma anche di IT, fa il suo esordio alla regia con lo spin-off Annabelle 3, un film divertente che ha in sé tutti gli elementi che hanno portato al successo i film della serie madre, ma anche una certa dose di originalità e di leggerezza. 

Protagonista di questo terzo capitolo dedicato alla famosa bambola è Judy Warren, figlia di Ed e Lorraine.  Mentre i giornali parlano dei suoi genitori come truffatori, la bambina viene esclusa dai suoi coetanei. Poco prima del suo compleanno, i suoi genitori sono costretti ad andare fuori città per occuparsi di un caso, così la affidano a Mary Ellen, un’adolescente solare e molto responsabile. A loro si aggiunge Daniela, un’amica di Mary Ellen che vorrebbe vedere i manufatti dei Warren, e, segretamente, vorrebbe cercare un modo di mettersi in contatto con lo spirito padre recentemente defunto. Trovate le chiavi della stanza dove i coniugi tengono sotto chiave tutti gli oggetti maledetti collezionati nel corso delle loro investigazioni, Daniela libera Annabelle, dando inizio ad una notte da incubo per lei, Mry Ellen e Judy.

Annabelle 3 è un film nettamente bipartito: nel corso della prima ora la calma, negli ultimi quaranta minuti il caos. Dauberman costruisce lentamente, introducendo nella prima parte piccoli jumpscare, indizi di ciò che poi verrà nell’ultimo atto del film, si concentra su una storia che ha il sapore di un racconto di formazione ma che è a tutti gli effetti un diversivo per rimandare il momento topico del film, accrescendone così l’efficacia. Perché Annabelle 3 non è un film che ti serve tutto e subito, è un film che sa aspettare e che introduce sapientemente elementi sempre nuovi, fino all’escalation finale, dove sono concentrate trovate ingegnose e fantasiose, ben più originali delle avvisaglie, dei rimandi al genere che popolano la prima parte ed hanno principalmente il compito di rinnovare il patto con lo spettatore, entrato in sala per vedere un film di genere.

Annabelle 3 è un horror giocoso, dotato di una leggerezza che è una boccata d’aria fresca all’interno del franchise di The Conjuring. Forse il difetto maggiore dei recenti e bistrattati The Nun e La Llorona – le lacrime del male è proprio il fatto che si prendano troppo sul serio, senza mai concedersi un attimo di respiro. Annabelle 3, al contrario, è un film che lascia respirare lo spettatore a più riprese nella prima parte e riesce poi a tenerlo incollato alla poltrona durante l’ultimo atto. Ma non è solo il fatto che le atmosfere horror siano smorzate e l’incontro col genere suggerito e prontamente rimandato, c’è anche un certo gusto goliardico nel lavoro di Dauberman, che approccia il film con spirito leggero e proprio per questo è in grado di trarne il meglio. Atmosfere per lo più solari, personaggi positivi, belle ed edificanti storie di rapporti umani di vario genere, momenti ironici o sentimentali e una mai nascosta propensione alla positività trainano l’intero film. Se unite tutto ciò ad una buona capacità di sfruttare e, talvolta, sovvertire i cliché dei generi da lui toccati, dall’horror al teen movie, non si può che apprezzare il lavoro svolto da Dauberman.

La presenza di Patrick Wilson e Vera Farmiga nei panni di Ed e Lorraine Warren è un valore aggiunto per il film che, ricollegandosi in maniera efficace alle pellicole che lo hanno originato, trova una perfetta quadratura del cerchio per la trilogia di Annabelle e riesce pure ad arricchire la narrazione di quelle pellicole, mostrando un aspetto diverso della vita dei demonologi, quella familiare. Mattatrice assoluta del film però è Mckenna Grace, la giovane e talentuosissima interprete già vista in Hill House, I, Tonya e Gifted – il dono del talento, che si riconferma come uno dei più promettenti astri nascenti di Hollywood.

Nel futuro del famoso universo horror targato Warner Bros. ci saranno, quasi sicuramente, film con protagoniste creature introdotte in questo film: il traghettatore, il licantropo, il samurai e la sposa sono personaggi che si presterebbero bene per uno spin-off a loro dedicato, ma che finiscono per risultare poco incisivi in questo capitolo, un po’ come successo alla suora in The Conjuring 2 – Il caso Enfield.  Lo spirito goliardico, la necessità di stupire lo spettatore con elementi nuovi e di tentare soluzioni diverse rispetto a quelle delle pellicole precedenti, portano ad un accumulo di elementi che non sempre sono utilizzati al meglio o hanno modo di essere utilizzati in modo continuativo all’interno della storia. Il traghettatore, per esempio, appare e poi scompare, senza assolvere ad una reale funzione narrativa, se non quella di smuovere le acque, e senza avere un suo arco narrativo, nell’economia nel racconto è una scelta comprensibile, ma è un peccato. Più importante, invece, è il mancato approfondimento legato a uno “spirito buono” che avrebbe donato al film una chiave di lettura diversa, molto interessante, ma forse poco congeniale al clima di leggerezza e alle basse pretese concettuali dell’intera operazione.

Annabelle 3 è un film divertente, un film hollywoodiano spudoratamente commerciale che chiede a gran voce di essere preso per quello che è, un opera spensierata di puro intrattenimento. Un film dall’animo leggero che chiede di essere affrontato allo stesso modo. Forse meno riuscito del capitolo precedente, quell’Annabelle: Creation diretto da David F. Sandberg, un regista più elegante e inquadrato di quanto non lo sia Gary Dauberman, il terzo film è comunque una valida aggiunta al canone di The Conjuring, che aveva bisogno di un prodotto simile per riprendersi da un paio di clamorosi buchi nell’acqua. 

VOTO: 7/10