DOCTOR STRANGE – La Recensione

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Di Emanuele Paglialonga

“Doctor Strange,
tu credi di sapere come funziona il mondo. E se io ti dicessi che questa realtà
è una delle tante?”

La famiglia del Marvel Cinematic Universe si allarga
ulteriormente, accogliendo fra le sue opulenti braccia un dottore, un ricco e
affermato neurochirurgo: Stephen Strange. Il personaggio dei fumetti ha origini
lontane, la sua prima apparizione risale al 1963. Per lo standalone movie,
invece, il tempo è presente: 2016. 26 ottobre in Italia, 4 novembre per gli
Stati Uniti. 

E’ Benedict Cumberbatch
a prestare volto e corpo al Dottore/Stregone, un corpo, nel corso del film, che
andrà incontro a notevoli difficoltà e percosse: tutto comincia infatti con un
brutto incidente stradale che mette fuori uso a Strange le sue preziose mani.
La medicina non sembra in grado di offrire una soluzione, ma la prospettiva di
dover rinunciare al suo lavoro non è per niente sulla stessa lunghezza d’onda
del Dottore, che si ritrova (in Nepal) a rischiare il tutto per tutto: deciderà
di affidarsi a che gli appare però, inizialmente, solo come una setta di
stregoni, difficilmente in grado, secondo lui, di trovare un rimedio. 
Tuttavia, lo Stregone
Supremo, l’Antico, gli farà ben presto cambiare idea: gli farà infatti vivere
per pochi istanti un’esperienza extrasensoriale attraverso cui rendersi conto
delle straordinarie potenzialità delle arti magiche che potrebbe insegnargli.
Potrebbe: sono tutti infatti un po’ diffidenti all’inizio, dal momento che un
allievo non proprio modello, Kaecilius (il Kylo Ren della situazione) si è
appropriato di alcune pagine di un libro al quale non doveva evidentemente
avere accesso. L’ottica non è molto dissimile da quella del concetto di Forza
all’interno dell’Universo di Star Wars: c’è un Lato Chiaro, e un Lato Oscuro
con le sue tentazioni.
Per Strange, dunque, potrebbe esserci la
possibilità di riacquisire il pieno controllo delle sue mani attraverso un
training, prima ancora che fisico, mentale. Se infatti la corporeità è un
elemento importante per la vicenda, l’elemento di essa portante è invece quello
mentale, su cui si regge l’arte dell’Antico e dei suoi discepoli e,
soprattutto, l’intero film (e i sequel che sicuramente avrà). 




La fisicità in stretto
contatto con la dimensione mentale. Un concetto non nuovo, senza dubbio: la
redazione di Gazebo probabilmente assegnerebbe un premio G.A.C. a tale
asserzione: è la base del film, bisogna prenderne atto. Si può scegliere di
crederci come di non crederci. Per quel che riguarda lo spettatore, si tratta
semplicemente di decidere se stare al gioco o meno. Più volte a Strange viene
detto di abbandonare la razionalità per inseguire i sensi. Ecco, Doctor Strange va fruito in questo modo:
va visto, considerato e amato (o odiato) senza troppe pretese razionalistiche.
Va giudicato, quindi, come quello che è: un cinecomic.
Un cinecomic che si
affianca al filone degli Avengers, senza esserne né schiacciato né sovrastato:
loro, viene detto a un certo punto nel film, difendono il mondo dalle minacce
fisiche. Gli Stregoni, come l’Antico, e come sarà anche Strange in futuro, da
quelle di natura mistica. In questo Batman, anzi, Strange Begins, il Dottore le
prende di santa ragione: padroneggia bene le arti magiche, ma non è ancora
Supremo.
Cumberbatch affronta il
ruolo in maniera più che discreta, affiancato da una notevole Tilda Swinton nei
panni dell’Antico e un Mads Mikkelsen che rivedremo presto, a dicembre, in Rogue One – A Star Wars Story.
Doctor Strange, per concludere, è
un’opera psichedelica, una vetrina di effetti speciali magnifici: colorati,
distorti; è un’esperienza da vivere necessariamente in 3D. Bisogna prendere e
lasciarsi andare a un lavoro molto ben fatto, che può piacere o non piacere, ma
è fatto con professionalità: è un cinecomic, nulla di più e nulla di meno. 

VOTO: 3/5