Il re leone – La recensione del remake targato Disney diretto da Jon Favreau

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Di Massimo Vozza

Annunciato in seguito al successo
ottenuto nel 2016 da Il libro della giungla e diretto dal medesimo regista (Jon
Favreau
), arriva finalmente nelle sale la nuova versione de Il re leone, l’amatissimo
lungometraggio animato che 25 anni fa ha incantato la generazione nata tra gli
anni ’80 e i ’90. Per evidenti ragioni non ci troviamo davanti al solito live
action ma a quello che in casa Disney hanno definito un remake fotorealistico
(animato al computer), il quale, per quanto riguarda alcune scene, rasenta
addirittura il shot-for-shot.
La fascinazione del progetto è
purtroppo di breve durata: superata l’iconica apertura con la canzone “Il
cerchio della vita”, che pure in questa veste realistica è decisamente
riuscita, ci si incastra in un copia e incolla che, man mano che la narrazione
prosegue, stanca lo spettatore e abbassa progressivamente le aspettative, tanto
che smettiamo di chiederci con entusiasmo come avranno ricreato alcune sequenze
e iniziamo a domandarci il perché di un tale progetto (un perché che vada oltre
il battere cassa ovviamente). È soprattutto la mancanza di originalità il vero
problema del film, che gioca per tutto il tempo su un terreno troppo sicuro e
scontato; la mezz’ora circa di durata in più rispetto al precedente del 1994 è
gestita poi talmente male da essere superflua: qualche scena inutilmente
dilatata e il tentativo vano di dare più spazio al personaggio di Nala, con
tanto di canzone originale di Beyoncé (“Spirit”) che entra prepotentemente in
scena come extradiegetica, tanto per puntare alla stagione premi senza
ostacolare la nuova di Elton John che invece accompagna i titoli di coda.

L’altro aspetto che non solo non ha
funzionato ma ha portato ad un risultato a volte involontariamente comico è
stato il donare una voce umana a degli animali resi così realisticamente; non
stupisce quindi, data questa premessa, che il doppiaggio più convincente
coinvolga le voci di Edoardo Leo e Stefano Fresi nei rispettivi ruoli di Timon e Pumba (un po’
più volgari di quanto ricordassimo ma in grado di strappare anche stavolta
qualche risata). Inoltre le espressioni facciali dei personaggi non riescono a
stare dietro al peso dei dialoghi e a trasmettere le sensazioni e emozioni che
provano. Un plauso va in ogni caso al tentativo fatto dal doppiaggio nostrano
in toto, seppur la voce di Luca Ward non riesca a rimpiazzare quella
dell’iconico Vittorio Gassman e Marco Mengoni ed Elisa rendano decisamente meglio
nella parte cantata piuttosto che in quella recitata, e al rispetto dato dai
traduttori nostrani ai testi delle canzoni così com’erano 25 anni fa,
concedendo la possibilità agli spettatori di canticchiare serenamente.

Nonostante lo sviluppo abbia
richiesto due anni, durante i quali vi è stato un viaggio in Kenya, e l’ottimo
lavoro del reparto effetti speciali per rendere gli ambienti e gli animali in
maniera estremamente realistica, Il re leone avrebbe meritato decisamente
qualcosa di diverso o forse, addirittura, nessun rifacimento; al di là degli
incredibili successi che si possono ottenere oggi con l’animazione
computerizzata, il leone questa volta non ha ruggito ma miagolato.
VOTO: 5/10


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