Di Massimo Vozza
La terra dell’abbastanza è la storia di Mirko e Manolo, due
giovani amici della periferia di Roma che, dopo aver investito accidentalmente
un pentito malavitoso, entreranno a far parte di un clan criminale,
guadagnandosi così un ruolo, i soldi e il rispetto mai avuti e trasformando la
tragedia in un’apparente occasione.
giovani amici della periferia di Roma che, dopo aver investito accidentalmente
un pentito malavitoso, entreranno a far parte di un clan criminale,
guadagnandosi così un ruolo, i soldi e il rispetto mai avuti e trasformando la
tragedia in un’apparente occasione.
Il film d’esordio dei fratelli D’Innocenzo, presentato con
plauso al Festival internazionale del cinema di Berlino nella sezione
“Panorama”, riporta, ancora una volta, il cinema italiano nei sobborghi romani,
senza aggiungere davvero nulla di nuovo a ciò che già conoscevamo: anche se nella
prima parte i due cineasti, sia a livello estetico che di scrittura, seguono le
routine (inizialmente giovanili, poi criminali) dei due protagonisti senza dare
giudizi o esaltarne la violenza (scelta abbastanza coraggiosa), nella seconda
parte cadono in un moralismo un po’ spicciolo e retorico.
plauso al Festival internazionale del cinema di Berlino nella sezione
“Panorama”, riporta, ancora una volta, il cinema italiano nei sobborghi romani,
senza aggiungere davvero nulla di nuovo a ciò che già conoscevamo: anche se nella
prima parte i due cineasti, sia a livello estetico che di scrittura, seguono le
routine (inizialmente giovanili, poi criminali) dei due protagonisti senza dare
giudizi o esaltarne la violenza (scelta abbastanza coraggiosa), nella seconda
parte cadono in un moralismo un po’ spicciolo e retorico.
Nella sceneggiatura,
inoltre, non sembra mai del tutto messo a fuoco il fulcro del film: le prime
scene ci presentano quella che dovrebbe essere in fondo la storia di un’amicizia
ma man mano che la narrazione va avanti, ci si concentra principalmente sul
personaggio di Mirko, lasciando fastidiosamente Manolo (e con lui suo padre) irrisolto
e sullo sfondo.
inoltre, non sembra mai del tutto messo a fuoco il fulcro del film: le prime
scene ci presentano quella che dovrebbe essere in fondo la storia di un’amicizia
ma man mano che la narrazione va avanti, ci si concentra principalmente sul
personaggio di Mirko, lasciando fastidiosamente Manolo (e con lui suo padre) irrisolto
e sullo sfondo.
Più che discreto
risulta il lavoro di regia, adombrato però dal montaggio e dalla fotografia,
rispettivamente in mano a due professionisti come Spoletini e Carnera.
risulta il lavoro di regia, adombrato però dal montaggio e dalla fotografia,
rispettivamente in mano a due professionisti come Spoletini e Carnera.
Degne di nota sono le
interpretazioni degli attori, non solo dei più conosciuti Luca Zingaretti e Max
Tortora (in un inedito ruolo drammatico), ma soprattutto quelle di Milena Mancini, della giovane promessa Andrea Carpenzano e del poco conosciuto
Matteo Olivetti, il vero e unico
protagonista.
interpretazioni degli attori, non solo dei più conosciuti Luca Zingaretti e Max
Tortora (in un inedito ruolo drammatico), ma soprattutto quelle di Milena Mancini, della giovane promessa Andrea Carpenzano e del poco conosciuto
Matteo Olivetti, il vero e unico
protagonista.
La dialettica tra
emergenti e navigati (sia nel comparto tecnico che attoriale) e la
co-produzione tra la più piccola e nuova Pepito Produzioni e Rai Cinema,
portano a questo risultato ibrido tra un lavoro indipendente e Suburra – la
serie: un film innovativo in potenza ma in realtà pronto a correre rischi solo
fino a un certo punto per poi ritornare nei soliti schemi, sufficientemente
interessante per il panorama italiano anche se stilisticamente imperfetto.
emergenti e navigati (sia nel comparto tecnico che attoriale) e la
co-produzione tra la più piccola e nuova Pepito Produzioni e Rai Cinema,
portano a questo risultato ibrido tra un lavoro indipendente e Suburra – la
serie: un film innovativo in potenza ma in realtà pronto a correre rischi solo
fino a un certo punto per poi ritornare nei soliti schemi, sufficientemente
interessante per il panorama italiano anche se stilisticamente imperfetto.
Forse non si sentiva il
bisogno di un’altra opera su questo filone, però se ne sentiva senz’altro di
autori e attori emergenti, che certamente col tempo ci sapranno dire di più.
bisogno di un’altra opera su questo filone, però se ne sentiva senz’altro di
autori e attori emergenti, che certamente col tempo ci sapranno dire di più.
VOTO: 6,5/10