L’angelo del male – Brightburn – La recensione dell’atipico horror prodotto da James Gunn

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Di Daniele Ambrosini

E se Superman fosse cattivo? Una premessa molto interessante quella di Brightburn, da noi L’angelo del male, che, però, è un po’ fuorviante per comprendere la vera natura del film stesso. Certo, a livello di marketing spacciare Brightburn per un semplice what if sul famigerato supereroe, o qualcuno come lui, è una mossa molto intelligente e, probabilmente, pagherà in termini di ritorno economico, ma il film di David Yarovesky è molto di più nella misura in cui è un’ottima riflessioni sulle potenzialità di un certo cinema di genere.
Tori e Kyle Breyer sono una coppia che non riesce ad avere figli, la loro vita viene stravolta quando, una notte, qualcosa cade dal cielo, nei pressi della loro fattoria. Si tratta di una specie di navicella spaziale, una capsula, qualcosa dall’aspetto visibilmente alieno. Al suo interno c’è un bambino. La coppia decide di adottarlo e crescerlo come un bambino normale, senza mai fare parola di come sia realmente entrato a far parte delle loro vite. Quel bambino adesso ha 13 anni, si chiama Brandon e fino a quel momento è stato un figlio pressoché perfetto. Poi qualcosa cambia visibilmente, Tori e Kyle pensano che sia semplicemente una fase di passaggio e che il problema sia, in realtà, la loro difficoltà nel vedere il figlio crescere. All’inizio sono piccole cose, ma col passare del tempo diventa impossibile negare la natura violenta e pericolosa di Brandon, che comincia a manifestare dei poteri soprannaturali e sempre più inquietanti. 
L’angelo del male è un film costruito in maniera intelligente e forse un po’ furba, nella misura in cui nella prima parte ricostruisce un’infanzia à la Clark Kent e dà al pubblico qualcosa di noto a cui aggrapparsi, per poi deviare completamente. Questo chiaramente non è un film su Superman, né tanto meno un film di supereroi, anzi, ma è un film abbastanza intelligente da prendere in mano quel genere cinematografico e stravolgerlo, convogliandone le istanze all’interno di un genere differente, l’horror. Più che un film su un supereroe, Brightburn è un film sull’anticristo, forse uno dei più originali. Brandon tutto sommato non è altro che una figura archetipica, la personificazione del male assoluto, implacabile e inesorabile, che spesso viene interpretata in termini religiosi. Non stupisce, infatti, che il titolo italiano preferisca puntare sulla componente religiosa tipica di questo archetipo, nonostante qui sia completamente assente.

In grado di incorporare al suo interno non solo il cinecomic e l’horror demoniaco, ma anche tutto quel filone fantasy-thriller legato alle invasioni aliene, il film scritto dai cugini Brian e Mark Gunn e prodotto da James Gunn è interessante proprio in quanto film di genere in grado di mischiare diversi generi cinematografici con consapevolezza e coerenza. Brightburn funziona nella misura in cui a questa riflessione sul genere portata avanti dagli autori corrisponde una struttura semplice e lineare, perfettamente ordinata. Pur dovendo gestire elementi così diversi, appartenenti a mondi cinematografici differenti, e facilmente individuabili da un pubblico che all’interno del cinema di genere determinati rimandi e riferimenti se li aspetta pure, sia a livello narrativo che strutturale, gli autori sono riusciti a creare un universo cinematografico coerente, caratterizzato da un tono ben preciso e perfettamente funzionale alla narrazione.

Nel suo essere, in realtà, un film molto semplice, senza neanche troppe pretese a livello narrativo, Brightburn è un film di puro intrattenimento. Un film che sa divertire e divertirsi, che individua quali sono i frangenti nei quali è giusto prendersi un po’ meno sul serio e che è in grado di incorporare elementi che sembrano rifarsi apertamente a un certo tipo di B-movie e che faranno storcere il naso a molti. Insomma, stiamo pur sempre parlando di un horror in cui un bambino volante con un mantello sulle spalle e fasci di luce che gli escono dagli occhi uccide le persone sbattendole contro le cose, muri, recinzioni, e così via, e, quando gli avanza tempo, stalkera una coetanea; un film che pur aderendo ai suoi generi di appartenenza è, per forza di cose, anche un po’ camp, ma l’impressione è che ne sia ampiamente consapevole e che sia in grado di scherzarci e di trasformarlo in un punto di forza. A volte si ride, è vero, persino nelle scene più drammatiche, ma si ha l’impressione che la cosa sia voluta, che faccia parte del gioco. 
L’angelo del male – Brightburn è un film strano, inusuale e forse non completamente riuscito, dal omento che tralascia di approfondire molti elementi interessanti dalla sua storia, si pensi alla potenziale sottotrama legata alle origini del suo protagonista, ma è interessante e davvero molto divertente da guardare. Si tratta di una forma atipica di intrattenimento che, per quanto concettualmente sgangherata, funziona. Il giovane Jackson A. Dunn è il mattatore assoluto del film (in tutti i sensi), ma ad affiancarlo c’è una Elizabeth Banks decisamente in forma e perfettamente a suo agio in un’atmosfera horror, genere che dovrebbe esplorare di più in futuro. 
VOTO: 7/10