L’uomo dal cuore di ferro – La recensione del biopic con Jason Clarke e Rosamund Pike

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Di Anna Martignoni

Dopo essere stato espulso dalla Marina tedesca per cattiva
condotta Reinhard Heydrich trova riscatto tra i ranghi del Terzo Reich. Grazie
alla moglie Lina che lo presenta a Heinrich Himmler, Heydrich viene nominato in
poco tempo Protettore di Boemia e Moravia, dove è chiamato ad occuparsi della
“Soluzione finale”. Contemporaneamente a Londra i soldati Jan Kubis e Jozef
Gabcik si addestrano per la cosiddetta Operazione Anthropoid, che ha come
obiettivo proprio l’uccisione di Heydrich.


Dal regista di French Connection Cèdric Jimenez arriva
L’uomo dal cuore di ferro; il film trae la sua ispirazione dal romanzo di
Laurent Binet “HHhH”, acronimo del tedesco “Himmlers Hirn heiβt
Heydrich”, letteralmente “Il cervello di Himmler si chiama Heydrich”. E il
regista Jimenez fa del titolo del libro il motto di tutta la sua pellicola. Il
protagonista (Jason Clarke) subisce infatti un’inequivocabile trasformazione da
uomo qualsiasi vittima delle sue debolezze -quelle carnali gli costeranno la
carriera in Marina- a funzionario senza scrupoli dell’ambizioso progetto di
Hitler. Col progredire della narrazione Heydrich diviene a tutti gli effetti un
uomo dal cuore di ferro: affascinato dalle prospettive di una folgorante
carriera da Reichsprotektor al servizio del Führer,
rinuncia alla famiglia senza molti rimorsi e vota la sua esistenza ad una
violenza alienante e brutale, tanto da guadagnarsi lo pseudonimo di “Macellaio
di Praga”. Nemmeno l’aristocratica e algida moglie Lina (Rosamund Pike), così
preziosa nell’ascesa del marito, riuscirà a porre un freno alla sete di potere
dell’uomo, divenuto ormai la più potente macchina da guerra del Partito
Nazista.

A fare da contraltare ad Heydrich ci sono due giovani
soldati cecoslovacchi, pronti a sacrificare le proprie vite in una missione che
ha dell’eroico: Jan (Jack O’Connell) e Josef (Jack Reynor) sono uniti da un
rapporto quasi fraterno, derivante dalla consapevolezza del pericolo a cui
decidono di andare inconto pur di salvare gli ideali della Resistenza. E se per
Heydrich la città di Praga diviene il luogo dove poter esprimere tutta la sua
ferocia, al contrario Jan e Josef conosceranno l’amore passionale e giovanile
di due ragazze che condividono con loro il coraggio e la forza della
ribellione. Nel film Jimenez concede sapientemente notevole spazio alle donne,
siano esse schierate dalla parte dei buoni o dei cattivi; esse non sono dipinte
come semplici personaggi secondari, ma come parte attiva del conflitto in corso.
L’uomo dal cuore di ferro viene diviso da Jimenez –forse un
po’ troppo schematicamente- in due capitoli: il primo, più greve, racconta gli
anni della disgrazia e la conseguente ascesa di Heydrich, i cui panni vengono
vestiti egregiamente da Clarke. La seconda parte abbandona i toni didascalici per
abbracciare quelli di un  vero e proprio thriller spionistico: l’intera azione dei due soldati
si evolve in funzione dell’attacco ad Heydrich per giungere allo scontro finale
nella chiesa, dove il bene e il male si affrontano in un crescendo di pathos e
suspense. Nel cast del film troviamo anche Mia Wasikowska e Stephen Graham.
L’uomo dal cuore di ferro uscirà nelle sale italiane il
prossimo 24 gennaio tramite una distribuzione Videa.
Voto: 7,5/10