Magic Mike -The Last Dance – La recensione del sequel con Channing Tatum

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Di Massimo Vozza

Dopo più di dieci anni dal successo commerciale che fu Magic Mike, film di Steven Soderbergh basato sull’esperienza da spogliarellista vissuta da un giovanissimo Channing Tatum prima di debuttare come attore, e quasi otto dal primo sequel (meno ispirato ma più leggero e divertente) diretto da Gregory Jacobs, collaboratore di Soderbergh da anni, la storia di Mike torna in sala con un terzo capitolo, assolutamente non necessario che chiude (si spera definitivamente) questo strano filone cinematografico.

Magic Mike – The Last Dance vede il ritorno del regista originario dietro la macchina da presa ma questo titolo sembra prendere strade diverse da entrambi quelli che l’hanno preceduto. Il film, va detto da subito, è estremamente confuso e non si capisce abbastanza quanto si voglia prendere effettivamente sul serio. Ritroviamo il nostro protagonista ormai quarantenne, disilluso dalla vita che non gli ha permesso di realizzarsi né con la sua attività di designer di mobilia, né come ballerino. E sì, il termine che preferiamo usare è ballerino perché soprattutto in questo capitolo pare predominare la danza riconosciuta canonicamente come tale piuttosto che la performance dello stripper. Ovviamente poi il personaggio incontra la lei di turno (stavolta londinese, con i soldi) che gli dà una nuova opportunità, in un gioco dei ruoli un po’ alla mo’ di Pretty Woman ma con i generi sessuali invertiti. E la valenza veramente erotica del prodotto verrebbe da dire che si esaurisce praticamente totalmente nel primo incontro tra i due, per poi proseguire con tutta una serie di menate sul ballare, appesantite da una voice over (anche quella difficile da prendere sul serio).

Tra un simil Step Up e una romcom basica, il terzo Magic Mike prosegue mai come te lo aspetti, non perché ha plot twist inaspettati (anzi la narrazione e l’evoluzione dei personaggi prosegue banalmente) ma perché non sai dove voglia andare a parare il sottotesto ed è difficile affermare che il finale riesca a dare poi una risposta. Se l’inaspettato nel cinema di Soderbergh spesso e volentieri faceva appello all’intelligenza dello spettatore, stavolta invece pare quasi prenderlo in giro: tutto resta nel superficiale, i passaggi sono forzati, e il cercare spunti per altro diventa una perdita di tempo, nonostante non ci sorprenderebbe leggere nelle prossime settimane articoli di qualche testata che trattino una pseudo riflessione del film sulla messa in scena e/o che approfondiscano gli sporadici elementi metacinematografici. A favore c’è da dire che quantomeno non ci si annoia mai poiché è scritto talmente male da fare il giro e diventare quasi piacevole.

Degli interpreti poco si può dire: bei fisici, capacità innegabili nelle coreografie (Tatum stesso si muove ancora molto bene) e niente di più. A demerito giusto Salma Hayek che pare imitare Sofia Vergara in Modern Family per l’intera durata del film e un uso dei personaggi secondari dei due precedenti titoli davvero sprecato.

Insomma, se volete dare sfogo ai vostri ormoni e guardarvi un gruppo di giovani ragazzi che ballano per quasi due ore senza maglietta questo è il film che fa per voi (in alternativa c’è Amici di Maria De Filippi). Diversamente, potete tranquillamente farne a meno e nel caso recuperarlo in futuro per colmare la curiosità di scoprire se anche per voi rientra nella categoria “so bad, it’s good”.

Magic Mike – The Lsst Dance arriva nelle sale italiane giovedì 9 febbraio con Warner Bros.

VOTO: ★½