Di Simone Fabriziani
Presentato con discreto successo di pubblico (mano di critica) al Festival di Cannes 2016, Mal di pietre è il film di Nicole Garcia ispirato al caso letterario omonimo di Milena Agus, pubblicato inizialmente in sole 800 copie, e poi ristampato dopo lo straordinario passaparola in Italia e nel resto dell’Europa.
La storia di Gabrielle (Marion Cotillard) si dipana a partire dagli anni ’50 nel sud di una Francia rurale e bigotta; considerata mentalmente instabile perché costretta in un ambiente famigliare castrante e dunque guidata da uno sfrenato impeto verso la passione e la sessualità. che lei chiama “la cosa principale”, Gabrielle viene sposata prima ad un onesto contadino di origini spagnole (Alex Brendenmuhl), poi costretta a passare del tempo in un arroccato sanatorio nelle Alpi svizzere per curare i suoi calcoli. La passione iniziale, forte ed istintiva, verso il paziente André Sauvage (Louis Garrel) si trasformerò in un inaspettato sentimento d’amore, libera finalmente da ogni costrizione interiore ed esterna.
Prosaico, manierista se non molto spesso dalla chiara impronta da telenovela, il “Mal di pietre” di Nicole Garcia si appropria del testo della Agus e ne trae uno slavato ed asettico ritratto per il grande schermo di una donna fragile ed incatenata alle costrizioni sociali del suo tempo che trova il proprio equilibrio solamente scegliendo la via della liberazione emotiva sublimata nella forza dell’amore, sia vissuto che immaginato.
Chiaramente debitore di alcuni stilemi incarnati nel cinema moderno (dall’ambientazione desolata dalle tinte western e rurali fino all’archetipo della clinica arroccata tra le montagne), Mal di pietre è tuttavia degno di nota grazie alla misurata e calorosa performance di Marion Cotillard; la sua Gabrielle vive dalle pagine al grande schermo negli occhi carichi di dolore e speranza dell’attrice francese, oramai figura di rilievo nel panorama cinematografico europeo, vera erede delle dive d’altri tempi.
VOTO: 6,5/10