La decisone di produrre un film come Napoli – New York nei tempi odierni è piuttosto bizzarra in quanto sembra totalmente scollegata dal presente. Sì, ok, ribadisce il concetto molto utilizzato soprattutto nelle discussioni online sul fatto che un tempo anche noi siamo stati migranti, in fuga principalmente da condizioni di povertà per inseguire il sogno (per lo più illusorio) che erano e sono gli Stati Uniti d’America. Quel che però dimentica è di esprimere il potenziale cinematografico che quantomeno possedeva l’idea di base e si ripianga su una serie di sdolcinati cliché narrativi visti e rivisti. Procediamo però con ordine.
La messa in scena del nuovo film di Salvatores si presenta come un mediocre sceneggiato Rai. Quantomeno nel primo atto che si svolge prevalentemente nella città di Napoli una maggiore attenzione ai dettagli si nota e alcune scelte della fotografia si sforzano di essere il più evocative possibili, ma già quando la narrazione si sposta sulla nave il totale comparto tecnico sembra riposare sugli allori per poi perdersi in più scene quando, oltre la metà della durata, si arriva in una estremamente fittizia New York alla fine degli anni ‘40 del secolo scorso. Soprattutto la scenografia risulta particolarmente posticcia.
Il racconto si divide in tre parti, dettate dalle tre location principali del film. La struttura volutamente semplice cede nel corso della permanenza negli Stati Uniti d’America, calando irrimediabilmente di ritmo, complice anche un montaggio non costantemente in linea con il materiale narrato, deviando infine per un storyline secondaria non così necessaria e trattata alla fine un po’ alla buona, tanto per inserirsi a forza in una certa ondata di film molto comune oggigiorno (tra cui è spiccato solo l’anno scorso il nostro C’è ancora domani).
Anna Ammirati e Pierfrancescio Favino in una scena del film – fonte: 01 Distribution
Nel complesso però Napoli – New York si rifà a quei film che raccontano il mondo di ieri attraverso gli occhi di un bambino (in questo caso di una bambina e un bambino), come JoJo Rabbit e il recente Blitz, oppure Belfast e The Fabelmans, ma senza l’elemento autobiografico. Il problema principale è che questo mondo è poco interessante e ripiega molto sul risaputo se non addirittura sullo stereotipo. Va spezzata una lancia in favore dei due bravi e giovanissimi interpreti, controbilanciati però dall’ennesimo saggio di dialetti e cadenze di Pierfrancesco Favino.
Antonio Guerra in una scena del film – fonte: 01 Distribution
Le ragioni per cui bisognerebbe recuperare questo film in sala sono difficili da trovare e in fondo l’elemento che parla al presente è lo stesso di Io capitano uscito solo l’anno precedente: tanto vale rivedersi un bel film.
Napoli – New York arriva nelle sale a partire da giovedi 21 novembre con 01 Distribution
VOTO: 2/5