Respect | La recensione del biopic su Aretha Franklin con Jennifer Hudson

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Di Simone Fabriziani

La vera di storia di Aretha Franklin, da quando era solo una bambina che faceva parte del coro della chiesa del padre fino al successo internazionale, passando per sacrifici, momenti felici e altri meno fortunati. Debutta nelle sale italiane a partire da giovedì 30 settembre il film biografico Respect, con un’incandescente Jennifer Hudson nei panni della Regina del Soul.

Perché vedere Respect

Perché il film diretto da Liesl Tommy è pienamente cosciente di quello è che e quello che (non) vuole essere: un racconto biografico dal tono agiografico dalle potenzialità pop infinite. Sì, perché Respect riesce, approfittandosene con tanta retorica, a piacere al maggior numero di spettatori possibili, di ogni età. Impossibile difatti rimanere indifferenti di fronte alle straordinarie capacità canore del premio Oscar Jennifer Hudson, interprete scelta dalla stessa Aretha Franklin anni prima della sua dipartita come volto cinematografico “ufficiale” del film a lei dedicato. Ma oltre alla voce della Hudson, c’è di più?

Perché non vedere Respect

Perché il biopic di Liesl Tommy segue un copione già visto più di una volta, senza saper sorprendere più il suo spettatore, tanto il lungometraggio statunitense segue pedissequamente la narrazione piatta del “nasce, cresce, corre”. E non basta la voce spettacolare della sua protagonista, fagocitata da un super-biopic dalla durata impegnativa (quasi due ore e mezza) degna del peggior libro cronistorico della Regina del Soul; questa è un’opera puramente agiografica che celebra la musicista dei record che però si dimentica, come altri suoi parenti cinematografici recenti, che il Cinema è forse altra cosa oggigiorno e che la narrazione televisiva, da qualche decennio a questa parte, accoglierebbe a braccia aperte e con risultati migliori prodotti pre-confezionati come Respect.

VOTO: ★★


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