Roma 2019: Share – La recensione del film di formazione dell’era Me Too firmato da Pippa Bianco

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Di Daniele Ambrosini

Presentato all’ultima edizione del Sundance Film Festival, Share è stato uno dei film più apprezzati della manifestazione, dalla quale è uscito vincitore di due premi, uno per la sceneggiatura ed uno per la sua protagonista, Rhianne Barreto. Prodotto da A24, Share ha seguito le orme di Native Son, saltando l’uscita in sala ed arrivando direttamente su HBO, in Italia seguirà un iter simile, approdando su Sky Cinema il 6 novembre, subito dopo il passaggio alla Festa del Cinema di Roma. 

Share racconta la storia di Mandy, una ragazza di sedici anni che una notte, dopo una festa di cui non ricorda quasi nulla, si risveglia sul prato nel giardino di casa sua. Il giorno seguente una sua amica le invia un video di quella festa che la ritrae svenuta in bagno, mezza nuda. Un gruppo di ragazzi le sta intorno e si prende gioco di lei. Mandy, non riuscendo a ricordare niente, teme che dopo possa essere successo qualcosa di peggio, così tenta di fare un po’ di chiarezza per conto suo, senza ottenere nessun risultato. I suoi genitori scoprono il video e la convincono a sporgere denuncia, dando così il via in questo modo ad un processo che si rivelerà doloroso e la estrometterà dal suo gruppo di amici.
Quello messo in scena da Pippa Bianco è un film di formazione che affronta le conseguenze di una violenza sessuale, il senso di vergogna e lo scontro con una società in cui la cultura dello stupro è ormai profondamente radicata e che non è ancora pronta a riconoscere alle vittime il rispetto che meritano. Share è un film moderno, figlio di una sensibilità e di tematiche di attualità sempre più rilevanti nell’era Me Too, un film a suo modo necessario, che ha molto da dire non solo sull’iter  giuridico e sulle umiliazioni che le vittime sono costrette a subire, ma anche sugli effetti che queste comportano. Share è, perciò, un film film che nasce da un’urgenza narrativa sociale, ma anche, se non soprattutto, personale, che fa sì che non sembri mai retorico, un film molto sentito, che pur senza rielaborare in maniera particolarmente originale le tematiche proprie di questo tipo di racconto, sempre più popolare sia al cinema che in televisione, riesce comunque ad essere molto incisivo. 
Non inventa molto Pippa Bianco, che mette su un film che si lascia guardare e con una buona caratterizzazione dei personaggi, ma una struttura molto convenzionale; un film che non rappresenta una novità, ma che merita di essere visto per la sensibilità con la quale è realizzato. Si può discutere dei contributi effettivi che porti ad una discussione ormai avviata da tempo, ma trattandosi di un prodotto in grado di creare consapevolezza attraverso un racconto coerente, vivido, sincero ed in grado di colpire lo spettatore, pur mettendo in gioco elementi già noti e giungendo a conclusioni già ampiamente esplorate da altri, Share si può definire un’operazione più che riuscita, nella sua semplicità. Perché a volte la semplicità è un pregio, e Pippa Bianco questo lo sa molto bene.

Un finale molto umano, destinato ad essere controverso, è forse il contributo maggiore della Bianco alla conversazione riguardo le tematiche affrontate. In quel frangente emerge fortissima la sua sensibilità nei confronti dell’argomento, una sensibilità che ha dimostrato anche dirigendo uno degli episodi dell’acclamata prima stagione di Euphoria, serie con cui questo film ha molto in comune in termini di approccio al racconto dell’adolescenza.

VOTO: 7/10