Stronger- Io sono più forte – La recensione del film con Jake Gyllenhaal e Tatiana Maslany

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Di Daniele Ambrosini

Stronger narra l’incredibile storia di Jeff Bauman e della sua riabilitazione in seguito all’attentato della maratona di Boston del 2013, dove ha perso entrambe le gambe per via della prima delle due bombe esplose quel 15 aprile. Ma Stronger è anche, e soprattutto, una delicatissima ed emozionante storia d’amore che vede protagonisti gli impeccabili Jake Gyllenhaal e Tatiana Maslany.
Il film di David Gordon Green inizia a ridosso della maratona e si concentra molto sul rapporto tra i suoi protagonisti: la relazione di Erin e Jeff è un tira e molla, i due si sono lasciati per la terza volta ma è praticamente certo che torneranno di nuovo insieme; Erin è una donna gentile e dal carattere solare, ma molto riservata, mentre Jeff è un alcolizzato proveniente da una famiglia di sbandati che non riesce mai a portare a termine niente. Erin corre la maratona per sostenere un’associazione benefica, così Jeff decide di realizzare un cartello e di aspettarla al traguardo. Le due bombe fatte in casa, realizzate con pentole a pressione e chiodi, scoppiano una dopo l’altra causando qualche morto e centinaia di feriti, tra cui Jeff che da quel fatidico giorno ha visto la propria vita completamente stravolta.
Jeff Bauman è un eroe. Tutti in Stronger sembrano esserne fermamente convinti, tranne lo stesso Jeff che invece riesce solo a vedere l’aspetto negativo di quanto accaduto, pur tentando di mostrarsi forte davanti ai membri della famiglia che lo vogliono vedere a tutti costi come un eroe, forse per non dover fare i conti con la sua sofferenza. L’unica persona con cui Jeff può permettersi qualche debolezza è Erin, la sua ancora di salvezza, l’unica persona che lo ama anche se è un completo disastro. Da questo scaturisce il loro rapporto, malsano ma unico, che, per quanto inizialmente pennellato in maniera convenzionale, nello svolgimento della pellicola non si dimostra mai banale. Ad interpretare questi due meravigliosi personaggi ci sono Jake Gyllenhaal e Tatiana Maslany – lui attore navigato alla sua ennesima prova di grande spessore, lei interprete di talento al suo primo grande ruolo cinematografico. Sono loro a reggere l’intero film con le loro grandi performance che ci restituiscono un ritratto intimo e profondamente umano di due personaggi fragili che hanno bisogno l’uno dell’altra ma che non riescono a non farsi del male a vicenda, ancora e ancora. Non sarebbe assurdo pensare di ritrovarli entrambi candidati agli Oscar l’anno prossimo, anzi.

In Stronger c’è poco spazio per la maratona di Boston del 2013, il punto focale del film è Jeff. David Gordon Green – regista di talento ma discontinuo – riprende tutto con primi e primissimi piani, e non risparmia i dettagli meno lusinghieri della storia di Bauman perché il suo scopo è quello di restituire un ritratto umano, per quanto doloroso possa essere, della persona comune, neanche così eccezionale a dirla tutta, che c’è dietro l’eroe. Jeff all’inizio non si trova a suo agio nei panni dell’eroe, ma il suo è un lungo percorso che lo porterà a capire che essere un eroe americano vuol dire essere un simbolo, qualcuno in cui gli altri possono vedere speranza per sé stessi, perciò la sua storia di rivalsa può diventare la forza di altre persone, ed in loro lui può a sua volta ritrovare la sua di forza per rialzarsi una volta per tutte. Ma il limite più grande di questo film sta proprio nella scoperta di Jeff di sé come un simbolo in quanto la sua sofferenza si trasforma nella sofferenza di una nazione, gli Stati Uniti, che nel raccontare le proprie storie ed i propri eroi non riesce proprio a fare a meno di inutili sentimentalismi. Il viaggio di riabilitazione di Jeff si fa specchio di un paese ferito ma orgoglioso che tenta ancora di risollevarsi dall’11 settembre. Così il lavoro svolto per rendere la sua storia universale ed emotivamente potente viene quasi vanificato da un finale che ridimensiona Bauman come simbolo della resistenza americana, fallendo nel dipingerlo come ciò che realmente è: un simbolo di grande umanità. Stronger diventa così celebrazione dello spirito patriottico e non dei valori universali. Peccato. Va detto però che a parte l’ultima mezz’ora – dove la sceneggiatura di John Pollono tende ad esagerare con la componente sentimentale – Stronger è un film struggente, emotivamente potente e molto coinvolgente, sorretto da una regia attenta e curata e da interpretazioni di prim’ordine. Quell’epilogo non rende giustizia ad un film che in fin dei conti è davvero meritevole, sebbene non particolarmente originale; si tratta pur sempre di un biopic, ma di un biopic confezionato molto bene. 

VOTO: 7,5/10