The Circle – La recensione

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Di Edoardo Intonti
La nuova pellicola, da oggi nei cinema d’Italia, vede protagonisti Emma Watson e Tom Hanks in un futuro non molto distante, dove le conseguenze della tecnologia si scontrano con il desiderio di essere ascoltati in un mondo in cui la presenza online è tutto e il numero di follower indica il vero potere. In tale contesto, si dipana il racconto di Mae Holland, una giovane donna affamata di successo e carriera unitasi alla Circle, colosso dei social media, bruciando rapidamente le tappe fino a quando, spinta dal fondatore dell’azienda Eamon Bailey  sarà costretta a lottare per mantenere la propria identità.

Con i suoi loghi minimalisti e monocolore, le postazioni iper-tecnologiche, e il mito aziendale perpetuato in primis dai dipendenti stessi, la Circle del film omonimo ricorda neanche troppo vagamente realissimi gruppi multimiliardari del calibro di Google o Apple;
Come nella realtà tutti vogliono lavorarci o possedere i loro prodotti, sottoscrivere ai loro servizi o partecipare alle loro iniziative, senza preoccuparsi troppo delle informazioni a cui danno accesso continuamente, e come esse siano sfruttate da questi giganti della Silicon Valley per trarne profitto.

Risvegliare le coscienze di noi tutti consumatori era sicuramente l’obbiettivo del romanziere Dave Eggers e del regista James Ponsoldt, che in quella che sembra una puntata molto lunga di Black Mirror, riesce solo in parte nell’intento educativo, proponendo un personaggio, le cui scelte sbagliate non possono essere condivise, salvo eccezioni, dal pubblico.
Il personaggio della Watson è piuttosto complesso, ed è divertente seguirne l’evoluzione parabolica da eroina a “villain”, tenendo conto di diversi buchi di sceneggiatura che non lasciano poche domande allo spettatore.
Un filmetto confezionato egregiamente, con un cast piuttosto buono (John Boyega, Karen Gillan e Patton Oswalt per esempio) ma con una conclusione quantomeno agrodolce, nella quale gli autori non si prendono il disturbo di proporre una soluzione al problema evidenziato durante i 110 minuti della pellicola, anzi, concludendo molto velocemente su un destino ormai segnato e al quale l’umanità dovrà adattarsi senza remore.
Gli stessi “villain” non vengono mai davvero dipinti come tali, hanno un alone di mistero e un codice etico a tratti condivisibile, ma non c’è mai davvero denuncia o condanna nel film (nemmeno nel finale che li dovrebbe vedere sconfitti?): un peccato dal punto di vista narrativo, ma che nell’insieme permette allo spettatore di uscire dalla sala ponendosi non poche domande .
VOTO: 7/10

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