The Post – La recensione del nuovo film di Steven Spielberg con Tom Hanks e Meryl Streep

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Di Simone Fabriziani

Nel mese di giugno del 1971, il New York Times, il Washington Post e gli altri principali quotidiani degli Stati Uniti prendono una coraggiosa posizione in favore della libertà di espressione, informando sui documenti del Pentagono e rivelando segreti governativi inerenti a quattro decenni di storia e presidenze americane. Katherine Graham (Meryl Streep), la prima editrice del Washington Post, e Ben Bradlee (Tom Hanks), il volatile direttore della testata, provano a ridare linfa a un quotidiano oramai in declino. Insieme, formano un’improbabile squadra chiamata a sostenere coraggiosamente la pubblicazione dei documenti e a combattere contro il tentativo senza precedenti dell’amministrazione Nixon di limitare il Primo Emendamento.

Scarpre grosse, grossissime da indossare per il regista premio Oscar Steven Spielberg, che pure nella sua variegata ed infinita carriera di successi al botteghino e di lodi della critica internazionale di rischi ne ha corsi, presi e superati. Eppure il senso di urgenza politica ed etica del portare sul grande schermo le idee e le parole della sceneggiatura scritta da Liz Hannah in collaborazione con Josh Singer (che l’Oscar lo aveva vinto due anni fa proprio per la sceneggiatura de Il caso Spotlight) è stato fin troppo irresistibile per il cineasta americano, che in meno di un anno dell’uscita nelle sale di The Post ha rinviato progetti e ingaggiato per la quinta volta il sodale Tom Hanks e per la prima volta in combutta artistica l’interprete dei record Meryl Streep. In contorno, un formidabile cast di talenti di character actor e star televisive.

Pur seguendo un percorso di santificazione e apologia del patriottismo dei valori su cui si fondano gli Usa già iniziato da Salvate il soldato Ryan fino alle più recenti propaggini di Lincoln e Il ponte delle spie, Steven Spielberg confeziona un dramma giornalistico i cui due aghi morali si spostano costantemente in direzioni parallele e intersecanti: da un lato thriller dall’incalzante stampo avventuroso retto da un senso della suspense narrativa solida e degna del miglior cinema americano degli anni ’70, dall’altro apologia appassionata e urgentemente contemporanea della libertà di pensiero e di stampa accompagnata dall’appassionato ritratto di Katherine Graham portato in vita da Meryl Streep in uno dei ruoli migliori della sua prolifica carriera recente.
Storia ricca di carica femminista e progressista e non troppo velato attacco  di Spielberg alle controverse decisioni politiche prese dall’amministrazione Trump in merito alla libertà di stampa americana, The Post è l’armoniosa unione tra le due spinte politiche e narrative, risultato di un tesissimo thriller tutto giocato sul potere trasformativo della parola, forza promotrice di un cambiamento che ha fatto la Storia americana e che fa il verso (volutamente) a quello che poi il Washington Post ha coraggiosamente portato avanti con la pubblicazione dei documenti legati allo scandalo Watergate, croce sulla bara della controversa presidenza Nixon e materia di analisi del più bel film dedicato al giornalismo mai realizzato, Tutti gli uomini del presidente, diretto del 1976 da Alan J. Pakula.

VOTO: 8/10


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