Venezia 75: The Nightingale – La recensione del film di Jennifer Kent

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Di Daniele Ambrosini

La regista australiana
Jennifer Kent aveva ampiamente convinto pubblico e critica con la sua
riuscitissima opera prima, quel Babadook che, insieme ad una manciata di altri
iconici film come The Witch e It Follows, aveva contribuito a ridefinire i
canoni dell’horror moderno; la sua seconda prova dietro la macchina da presa
perciò era molto attesa. Definito da Barbera come “una
scommessa”, The Nightinagale è l’unico film diretto da una donna in concorso in
questa edizione della Mostra del cinema di Venezia, fatto che non ha mancato di
suscitare polemiche.


Senza svelare molto della
trama, diciamo solo che The Nightingale è un rape and revenge movie d’autore
con forti atmosfere western in cui una donna con l’ausilio di uno schiavo
aborigeno si mette sulle tracce degli uomini che le hanno rovinato la vita per
ucciderli ed avere così la sua vendetta. Date delle premesse simili ci si
aspetterebbe un film completamente diverso da quello che poi The Nightingale si
dimostra essere realmente.
La prima metà del film è
costruita con una lucidità di scrittura impressionante, la Kent crea uno
scenario affascinante e pieno di possibilità per la prosecuzione del suo
racconto grazie ad una lunga serie di dialoghi taglienti ed incalzanti che in breve
tempo ci trasportano dentro la storia, ma dopo la prima ora di film qualcosa
smette di funzionare. Se in un primo momento il sapiente uso dell’ironia sembra
essere un valore aggiunto per alleggerire delle dinamiche che, per forza di cose, devono essere rese attraverso toni drammatici ed una buona quantità di violenza
esplicita, con il proseguire del film inizia a diventare sempre più fuori luogo
tanto è predominante rispetto alle tonalità drammatiche del resto della
pellicola. Il vero motore comico del film è lo schiavo aborigeno,
relegato ad essere la “spalla nera” della protagonista, pur non restando un
personaggio bidimensionale; infatti la Kent decide di fare del rapporto tra la
sua protagonista, l’usignolo del titolo, e l’aborigeno Mangana, letteralmente
“il merlo”, lo snodo centrale della sua pellicola, senza però riuscire ad andare
molto in profondità.
Il vero problema di The
Nightingale è proprio quello di non riuscire a scavare in profondità in nessun
frangente, di non riuscire ad approfondire nessuno degli interessanti spunti
disseminati nel corso del film. In questo modo l’interessante sfondo politico
dell’Australia colonizzata, nonostante qualche debole tentativo di approcciare
l’argomento, non offre mai un reale spunto di riflessione storico-politica o sociale come
invece succedeva lo scorso anno in Sweet Country di Warwick Thornton; ma ciò
che stupisce di più dalla regista che aveva costruito Babadook come un’enorme
metafora, è la totale assenza di chiavi di lettura di qualsivoglia natura
all’interno di un film che, pur essendo un revenge movie al femminile, genere
che di solito rappresenta dichiarazione di intenti del girl power, finisce per
non dimostrare alcun interesse per la trattazione della condizione femminile, finendo
per mortificare la propria protagonista e rendere la storia del tutto fine a sé
stessa. Nessuna dichiarazione di intenti, niente da interpretare o da desumere,
The Nightingale è in definitiva pura narrativa, nonostante le premesse politiche. Siamo in un territorio decisamente diverso rispetto a
Babadook e a rovinarne la visione è, in buona parte, anche l’inevitabile
confronto tra le due opere, distanti anni luce.

Lungi dall’essere un brutto
film, The Nightingale è un film così semplice da sembrare inconcludente,
composto da una prima parte molto buona, seguita da una seconda metà che manca
di uno sguardo deciso che le conferisca la giusta prospettiva. Pur non
riuscendo a dare il massimo in sceneggiatura, il lavoro di regia della Kent
resta comunque molto buono, il talento lei ce l’ha, eccome, anche se era lecito
aspettarsi di più dal punto di vista narrativo ed anche se al momento è
impossibile vedere una continuità all’interno delle sue opere, tanto sono
distanti stilisticamente Babadook e The Nightingale. Se c’è un elemento
indiscutibilmente positivo nel film sono le straordinarie performance del cast
su cui spiccano l’irlandese Aisling Franciosi, una vera rivelazione, e Sam
Claflin
, alla sua migliore prova d’attore. 

VOTO: 6,5/10


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