Wonder Woman – La doppia recensione

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Di Edoardo Intonti e Simone Fabriziani

La recensione di Edoardo

Necessario per poter raggiungere l’inizialmente agognato Justice League, ad oggi patata bollente per qualunque produttore/regista al quale è stato proposto, Wonder Woman era un azzardo.
Il personaggio, presente nelle testate DC da tempo immemore (eppure mai davvero rappresentato sullo schermo in modo credibile) necessitava del regista giusto, dello script giusto che sapesse mettere insieme un mix credibile delle varie genealogie del personaggio di Diana Prince, ma sopratutto dell’interprete giusta.
Gal Gadot non sarà Meryl Streep, ma ci crede, ci crede tanto. E questa sua energia ci contagia, diventando simpatica e convincendoci (superando anche il Thor della Marvel in alcune delle sue peggiori pellicole).
Raccontato come un lungo flashback durante la prima guerra mondiale, il film è la sintesi perfetta di Captain America e di Thor: tedeschi cattivi e divinità (o semi-tali) in lotta fra loro sullo sfondo, ogni tanto, di green screen improbabili.
Non annoia troppo, l’umorismo ogni tanto è anche brillante,con una coreografia di combattimenti ammirabile. Non convincono troppo i comprimari, Chris Pine in primis, mentre David Thewlis, nel suo ruolo seppur secondario, regala qualche sorpresa.
In un panorama supereroistico così affollato come oggi, la Marvel  non ha ancora messo in cantiere un film stand-alone su una super-eroina (le riprese di Captain Marvel non sono ancora iniziate), permettendo così alla DC  di rimediare piuttosto bene.

VOTO: 7/10



La recensione di Simone

Non ci voleva tanto, eppure dopo gli strafalcioni narrativi infarciti di discutibili sentimentalismi e tanto cuore del pur ambizioso Batman v Superman dello scorso anno, la DC Entertainment al suo rilancio di universo condiviso allunga il tiro firmando il primo film supereroistico totalmente dedicato ad una figura femminile, affidandolo ad una pur abile regista (la Patty Jenkins  di Monster, per intenderci) ma cascando nuovamente nel tranello finale del sentimentalismo più spinto.
Wonder Woman è difetti un film frustrante; è frustrante perché per almeno tre quarti della sua durata e nello svolgimento della sua pur esile ma efficace matassa narrativa funziona quasi alla perfezione, ritagliandosi parzialmente un posto d’onore ben al di sopra dei suoi discutibili predecessori di casa DC. La storia dell’amazzone Diana di Themyscira catapultata in un universo non suo ma pronta a combattere contro ogni guerra e prevaricazione nel mondo umano è raccontata con un invidiabile piglio a cavallo tra adrenaliniche sequenze d’azione e divertenti momenti ironici che scandiscono con il giusto ritmo i rapporti tra Diana e i personaggi che le gravitano attorno (su tutti, un Chris Pine in forma smagliante). 
A far cascare l’esile castello di carte del film della Jenkins è la risoluzione finale (che qui non analizzeremo in dettaglio) che catapulta improvvisamente il film nelle atmosfere tamarre e discutibili del predecessore; non è difatti una caso che la storia originale per il film sia stata scritta da Zack Snyder, autore del gemello diverso tanto criticato lo scorso anno per la melensa ed inappropriata risoluzione dello sbroglio narrativo. Ma siamo tutti convinti che Diana Prince (l’ottima Gal Gadot) possa sconfiggere veramente le forze della guerra con il solo potere dell’amore e della compassione?
Può bastare a redimere un pur ottimo prodotto DC, se non forse il migliore dal rilancio dell’universo condiviso assieme all’uomo pipistrello e all’alieno di Krypton?
No, non basta e non può bastare, perché il punto di arrivo del viaggio dell’eroe (interiore ma anche esteriore) è importante tanto quanto il punto di partenza e sviluppo; in fondo la coesione narrativa, qui terribilmente sbilanciata, è come un esile castello di carte, basta un solo punto debole per farlo crollare miseramente. Con buona pace della prima, ottima parte del film.

VOTO: 6/10